I prestiti ristrutturazione casa rappresentano una soluzione ideale per tutti i proprietari di immobili che desiderano poter ravvivare la propria proprietà abitativa senza intaccare i propri risparmi e, nel contempo, senza dover ricorrere a un mutuo con garanzia reale. Ma in quali occasioni il prestito ristrutturazione casa può rivelarsi più conveniente di un mutuo?

 

Il prestito ristrutturazione casa è una soluzione da privilegiare nei confronti del mutuo quando gli importi non superano l’ordinaria soglia dei 20/30 mila euro: in questo modo, ricorrendo a un finanziamento personale destinato ad interventi abitativi, piuttosto che a un mutuo ipotecario, sarà possibile avvantaggiarsi di costi ridotti (non è necessario un atto pubblico per l’iscrizione della garanzia reale), dello snellimento dell’iter di richiesta (sarà sufficiente presentare documentazione di identità e di reddito, unitamente a un preventivo di spesa) e dell’iter di concessione (la concessione di un finanziamento personale può avvenire anche in 1-2 giorni, mentre per il mutuo casa – soprattutto in virtù della necessità di periziare l’immobile – possono trascorrere anche 1-2 mesi).

 

Detto ciò, è tuttavia utile e corretto ricordare che vi sono alcune situazioni nelle quali è il mutuo la soluzione da preferirsi. La maggiore convenienza di un mutuo è, ad esempio, relativa a quelle situazioni in cui il proprietario che intende ristrutturare abbia necessità di grandi importi (ad esempio, superiori ai 30/40 mila euro) o desideri spalmare il capitale da restituire in un piano di ammortamento particolarmente esteso, anche superiore ai 10/20 anni. In aggiunta a quanto sopra, si tenga conto che al giorno d’oggi, con un livello generalizzato dei tassi estremamente competitivo, ottenere un mutuo significa potersi indebitare a condizioni di tasso notevolmente più basse di quelle che verrebbero invece destinate a un comune prestito per ristrutturazione casa.

 

Tasso fisso o variabile? Oppure misto? E, se variabile, variabile semplice?

Non sarebbe meglio aggiungerci un'opzione?

Magari un "cap" (limite) sull'aumento delle rate?

O meglio ancora un mutuo con rata costante per poi poter modificate la durata del mutuo?

Dubbi “amletici” !!!

Va subito detto che in realtà il “tasso ideale” non esiste perché si tratta del punto d’incontro tra il  profilo di rischio del mutuatario/investitore e il quadro macroeconomico. Inoltre resta preponderante il “fattore psicologico” dettato dalla scelta che resta assolutamente personale.

 

Alcune semplici regole però possono valere per tutti.

• Bisogna prepararsi al fatto che il tasso di partenza non necessaria mente sarà il tesso di arrivo del mutuo. Questo perché nel tempo le condizioni di mercato e quelle macroeconomiche possono mutare percui bisogna tenersi pronti calibrando il proprio tasso e compiendo operazioni di rinegoziazione o surroga, via via, nel corso del piano di ammortamento.

• negli ultimi decenni il tasso variabile semplice si è rivelato statisticamente più vantaggioso di qualsiasi altro mutuo.

• Il tasso variabile con “cap” (una sorta di limite oltre il quale la rata non può più aumentare) può essere una buona soluzione solo se la soglia fissata dopo la quale subentra la protezione non è alta.

• Il mutuo a tasso variabile a rata costante è tendenzialmente un ottimo prodotto, ma solo a parità di spread col variabile puro.

• Il mutuo a tasso misto ha senso solo se è possibile effettuare molti cambi di tasso (non soltanto uno o due come spesso viene proposto) e in momenti scelti dal mutuatario e non in finestre temporali prefissate dalla banca (come invece accade quasi nella totalità dei casi).

• I mutui con opzioni (cap, rata costante ecc.) vanno evitati qualora comportino un eccessivo sovra-costo, in termini di spread, spropositato rispetto a mutui semplici e tale da vanificare ogni convenienza.

• Il mutuo a tasso fisso è statisticamente più oneroso, nel lungo periodo, del corrispettivo mutuo a tasso variabile.

• I mutui in valute estere vanno generalmente evitati perché presentano dei pericoli occulti.

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Il mutuo a tasso fisso è il mutuo “preferito” dall’Italiano medio che, notoriamente, è prudente. La rata fissata inizialmente nel piano di ammortamento rimane la stessa per l'intera durate del prestito. Vantaggi:

• si conosce dall'inizio l'importo esatto di tutte le rate;

• non ci si deve preoccupare di eventuali oscillazioni al rialzo dei tassi di interesse.

Svantaggi:

• sul lungo periodo, è più caro del corrispettivo mutuo a tasso variabile puro.

Il mutuo a tasso fisso, in sostanza, costa quanto un mutuo a tasso variabile maggiorato di una sorta di costosa polizza assicurativa (implicita) che copre dai rischi imprevisti di cambiamenti degli scenari macroeconomici che potrebbero succedere in un lungo periodo di tempo.

Tra tasso fisso e variabile si inserisce una terza tipologia di contratto: il mutuo a tasso misto, un prodotto ibrido che consente al mutuatario di cambiare nel corso del tempo il tasso e passare da fìsso a variabile, o viceversa. Un'opzione che normalmente, però, si paga in termini di spread, rispetto a un mutuo variabile puro o fisso standard. Inoltre, ci sono offerte in cui è possibile effettuare lo switch, il cambio di tasso, solo una volte. Altre ampliano la flessibilità a più switch. Inoltre, ci sono prodotti che danno la possibilità di scegliere quando effettuare eventualmente il cambio di tasso, altri invece che fissano inizialmente le finestre temporali consentite per lo switch. In definitiva:

• è da preferire un prodotto che offra più opzioni per il cambio;

• sono sconsigliati i mutui misti in cui la/le opzioni per il cambio sono rigide, ovvero fissate su finestre temporali già definite;

• lo spread del misto non deve costare più di 10-15 punti base rispetto al variabile puro o al fisso standard, altrimenti l'opzione di switch è troppo cara.

• è importante poter scegliere anche quando cambiare e non essere costretti a farlo in periodi temporali già stabiliti.

Negli altri casi è bene diffidare di questi prodotti. Va anche detto che dal 2007, da quando il decreto Bersani ha azzerato i costi di portabilità di un mutuo da un istituto a un altro tutti i mutui, anche il variabile puro e il fisso standard, sono tecnicamente "misti", dato che il cambio di tasso è una possibilità che qualsiasi mutuatario ha teoricamente a disposizione spostando il mutuo presso un altro istituto (passo da effettuare solo nel caso in cui il tentativo di rinegoziazione delle condizioni con il proprio istituto non vada a buon fine).

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Il mutuo con cap” è un mutuo protetto. Cap è infatti una contrazione del vocabolo inglese "capped". Alcuni lo chiamano anche il "mutuo ombrello" ed è pensato per due scopi:

• dare la possibilità al mutuatario di beneficiare dei tassi variabili, statisticamente più bassi nel lungo periodo rispetto ai tassi fissi;

porre una soglia oltre la quale le rate, in partenza variabili, restano bloccate.

Quella che a livello teorico pare essere una grande convenienza rispetto al mutuo variabile standard senza opzioni va, però, ponderata con il "costo" dell'opzione cap.
Come tutte le opzioni, infatti, anche il cap si paga circa 40-50 punti base (quindi 0,4%-0,5%) in più rispetto a un mutuo variabile puro. A questo punto c'è da valutare se il sovra-costo si traduca effettivamente in un vantaggio: perché pagare un premio di 50 punti base sullo spread in cambio di una copertura non è detto che sia una scelta finanziariamente corretta. Per due motivi:

• il cap si paga per l'intera durate del mutuo (decine di anni, in media);

• considerando che la quota di interessi su i mutui incide molto di più nei primi anni, l'esercizio del cap può avere un impatto notevole sulla rate solo sulla prima metà del mutuo perché poi la rata diventa via via meno sensibile alla dinamica dei tassi, e quindi il costo della protezione risulterebbe pressoché vanificato.

Bisogna diffidare di questi prodotti, che offrono una protezione più psicologica che finanziaria.

Tra i mutui composti figura anche il mutuo variabile a rata costante. Con questa tipologia di prodotto si combinano caratteristiche del tasso fisso con quelle del tasso variabile. In particolare, al variare del tasso di interesse si modifica la durata del mutuo, ma non anche la rata che invece rimane costante.  In teoria un mutuo perfetto. Lo svantaggio, consiste, manco a dirlo, nel costo aggiuntivo da pagare per ottenere questo doppio beneficio: in media dai 30ai 50 punti base in più in termini di spread.

Alcuni istituti di credito, infatti, offrono anche una seconda via. Si tratta dei mutui che incorporono l'opzione offset: l'importo della rate viene ricalcolato ogni mese in base alla liquidità disponibile su un conto corrente collegato. Più liquidità si ha sul conto maggiore è l'impatto di riduzione sulla rata.

E il mutuo in una valuta straniera?

Tendenzialmente, per un italiano non frontaliero, un mutuo in valute diversa è da sconsigliare perché potrebbe essere incorporare, oltre al rischio del tasso variabile, il rischio del cambio.

La surroga (legge "Bersani bis” numero 40 del 2007) dà la possibilità di spostare il mutuo presso un altro istituto che offra condizioni più vantaggiose. Tecnicamente, prevede che un debito si possa trasferire senza spese l'ipoteca iscritta a garanzia di un nuovo contratto concesso da un altro istituto. Dato che l'ipoteca è la stessa, l'importo del mutuo non cambia ma posso essere modificati durata e tasso, conservando i benefici fiscali del vecchio contratto. La procedura di surroga deve essere a costo zero per il mutuatario.

La surroga non va confusa con la sostituzione, che certamente è più costosa per il mutuatario, perché viene tendenzialmente praticata ai clienti che intendono contestualmente chiedere un importo aggiuntivo rispetto al debito residuo. Anche in questo caso il cliente cambia banca, ma è necessario iscrivere una nuova ipoteca perché si deve estinguere il vecchio mutuo e accenderne uno nuovo presso un'altra banca. Con il vantaggio rispetto alla surroga che, oltre a tasso e durata, può cambiare anche la somma finanziata. Vantaggio che ha un prezzo, dato che chi opta per la sostituzione, accendendo un nuovo mutuo, deve pagare una seconda volta l'imposta sostitutiva. Inoltre, se il nuovo mutuo è di importo superiore alla residua quota di capitale da rimborsare, maggiorata delle spese e degli oneri correlati, si perdono i benefici fiscali (interessi passivi detraibili in caso di acquisto di prima casa ecc.).

Per chi, invece, vuole restare con la stessa banca c'è la strada della rinegoziazione delle condizioni. Ma in questo caso l'istituto non è obbligato ad adempiere alle richieste del debitore. Ovviamente, gli istituti di credito, preoccupati dalla minaccia di surroga e sostituzione (nel qual caso perderebbero il cliente), possono ripiegare su quest'ultima opzione. È bene precisare che, dato che il contratto è stato firmato in modo consenziente e consapevole dal cliente, quella di rinegoziarlo in corso è solo una facoltà e non un obbligo per la banca. Prima di provare le due strade iniziali è comunque preferibile cercare di rinegoziare il proprio mutuo, partendo da un abbassamento dello spread e facendo molta attenzione all'allunga mento della durata, come molto spesso viene proposto dalle banche in cambio della ristrutturazione del debito, con conseguente aumento della quota interessi da versare.

Quali sono gli indici di riferimento utilizzati dalle banche?

indici EURIBOR

tasso BCE

Gli indici Euribor sono dei parametri interbancari che misurano il tasso di interesse medio a cui si presta il denaro, sostanzialmente un parametro per esprimere il costo del denaro “all'ingrosso”.

A seconda della scadenza i principali indici Euribor si classificano in:

• 1 settimana

• 2 settimane

• 3 settimane

• 1 mese

• 3 mesi

• 6 mesi

• 1 anno

Gli indici più frequentemente utilizzati sono l’Euribor a 1 mese e a 3 mesi.

Tendenzialmente, sarebbe più corretto che la periodicità del pagamento delle rate del mutuo corrispondesse alla scadenza: ovvero se la rata è mensile sarebbe più logico che seguisse l’ Euribor a 1 mese; se trimestrale dovrebbe seguire quello a 3 mesi. In realtà sono frequenti i mutui che incrociano il pagamento della rata (rata mensile con Euribor a 3 mesi). Statisticamente l’Euribor a 1 mese sta sempre un po' al di sotto rispetto a quelli con scadenze più lunghe. Quindi si dovrebbe prediligere, nella soluzione a tasso variabile, l’Euribor a 1 mese.

Il tasso BCE è più stabile rispetto all'indice Euribor, perché varia solo quando la Banca Centrale Europea decide di attuare una modifica al tasso in conseguenza di una scelta mirata di politica monetaria.

Di solito i tassi BCE (e quindi anche gli Euribor) tendono a salire:

• quando l'inflazione è intorno o superiore alla soglia del 2%,

• in caso di surriscaldamento dell'economia che, a sua volte, potrebbe spinge consumi e inflazione.

Tassi BCE e indici Euribor tendono invece a scendere:

• quando l'economia ristagna e quindi c'è bisogno di liquidità.

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